Due o tre cose riguardo al blog

Seppure legato al mio sito, non è mia intenzione fare di questo blog uno strumento promozionale della mia produzione pittorica. Vuole invece coadiuvare quella mia ricerca, che non ho mai inteso solo come espressione visiva, con una serie di riflessioni sul linguaggio delle immagini e sul contesto storico-culturale del quale la mia generazione, che lo voglia o meno, deve ritenersi figlia legittima o illegittima che sia. Mi riferisco ovviamente alla postmodernità all’interno della quale siamo cresciuti e della quale, di conseguenza, il nostro immaginario si è certamente nutrito.

Porre una riflessione sulle grammatiche espressive delle immagini credo costituisca un aspetto irrinunciabile per quanti in tale settore, a vario titolo, siano impegnati. Tanto più in un sistema di media, come quello contemporaneo, che si costituisce come eminentemente visivo: sia rispetto la natura degli stessi media che dei messaggi da essi diffusi, nonostante la presenza di un ampio analfabetismo sull’argomento. Il rischio che si corre oggi è che l’illusionismo esercitato dalle immagini leda la possibilità di scelta democratica degli individui. In assenza degli strumenti di decodifica del messaggio l’utente può soltanto subirne la trasmissione, esso è anzi tanto più potente proprio perché agisce a livello inconscio, facendo leva su aspetti cognitivi, fisiologici e culturali che appartengono a ognuno di noi.

Le conoscenze riguardanti le immagini e i loro aspetti linguistici dovrebbero pertanto essere ampiamente diffuse e appartenere ai comuni programmi scolastici. Questi media, oggi divenuti interattivi, si rivelano molto più potenti e penetranti di quanto lo fossero i precedenti fruiti passivamente come la televisione. Essi sono in grado di permeare virtualmente la vita degli utenti, conducendoli a una doppia esistenza, dove a quella fisico-geografica si accompagna quella immateriale e digitale. E all’interno della quale si acuisce quella continuità tra il tempo del soggetto-lavoratore, dunque soggetto-produttore, a quella di soggetto-consumatore, dove il tempo libero e gli intrattenimenti lo immettono in una dinamica economica ininterrotta. Proprio tramite l’interazione l’utente si costituisce prodotto dei nuovi media, ai quali, attraverso il loro impiego, fornisce gratuitamente le proprie informazioni personali. Informazioni che consentono alla comunicazione di essere mirata ed efficace nella proposta dei contenuti e nel suscitare bisogni. Aspetti che non riguardano la sola comunicazione pubblicitaria, ma che annoverano le forme di comunicazione giornalistiche, politiche, sociali, culturali ed economiche. In sintesi quella che definiamo genericamente informazione e che tende a formare l’immaginario di una società. Aspetti dunque inalienabili all’interno della cosiddetta Era dell’Informazione, generalmente collocata a partire dai primi anni Settanta del secolo scorso, che pure mosse i suoi primi passi nel secondo dopoguerra (ma la cui gestazione risale a molto tempo prima, passando a ritroso per Norbert Wiener e giungendo addirittura al 1837 con Samuel Morse), innestandosi dunque nel processo della terza rivoluzione industriale – originatasi anch’essa nel secondo dopoguerra con l’avvento delle nuove forme energetiche, tra le quali l’atomo – che annovera e origina la stessa rivoluzione digitale.

È dunque chiaro come i due percorsi di riflessione, elementi grammaticali del linguaggio visivo e processi della postmodernità, siano intimamente legati. La letteratura in merito è vasta e ha cercato di sviscerare l’argomento nei suoi molteplici aspetti, ma tale analisi non è certamente da ritenersi conclusa avendo per oggetto fenomeni recenti e in larga parte ancora in atto.

Ritengo inoltre che lo scenario storico-sociale contemporaneo imponga, a chi dell’espressione artistica ha fatto la propria vocazione, un compito intellettuale più ampio, necessitando analisi e prese di posizione che riconducano l’espressione stessa all’interno di un alveo di militanza sociale. Un aspetto che mi pare oggi imprescindibile alla presenza di un orientamento artistico che naufraga nelle logiche di consumo a breve termine dettate dal mercato. Pratiche che del veicolo visivo hanno fatto l’ariete di sfondamento delle coscienze, svilendo il significato a solo vantaggio del significante che meglio risponde alle esigenze di vettore economico e di depauperamento dell’immaginario.

Gli operatori, nei vari settori di applicazione delle immagini, hanno oggi responsabilità maggiori alla luce dei nuovi media e del loro coercitivo sistema di raccolta e diffusione delle informazioni, strumento di un frenetico sistema capitalistico volto a divorare ogni aspetto dell’umano. La diffusione delle fake news, i post e commenti ad esse legati, la creazione metodica di profili falsi atti all’orientamento delle opinioni su molteplici aspetti sociali e politici, nonché modelli di spostamento economico, equivalgono ad una desertificazione e annichilimento dei contenuti e della loro complessità che dell’umano stesso sono peculiari.

Ovvio che chi oggi comunica visivamente deve farlo alla luce di tali eventi, addossandosi la responsabilità di quanto diffonde in termini di contenuto e forma. Lo svilimento del contenuto, infatti, passa per lo svilimento linguistico-formale tramite differenti pratiche: nell’ambito dell’arte, per fare solo due esempi, da un lato vi è l’impiego di un decorativismo dedotto da linguaggi espressivi già normalizzati, ossia che hanno già svolto il loro ruolo di rinnovamento linguistico trasformandosi ormai in classici depositati nell’immaginario di ognuno ‑ aspetto che ne costituisce la loro appetibilità commerciale ‑ coincidendo spesso con le produzioni eredi dell’informale, proprio perché, una volta radicatesi nell’immaginario comune, naturalmente predisposte ad aspetti arredativi e decorativi che ne motivano una loro diffusa presenza in studi medici, dentistici, nelle strutture alberghiere e in molti luoghi a carattere pubblico; vi è poi una tendenza alle pratiche di commistione tra la figurazione e l’installazione con finalità puramente sceniche, che s’impongono oggi in maniera trasversale mettendo d’accordo correnti differenti sull’assoluta necessità di sbalordire lo spettatore, seppure tale sbalordimento, in molti e troppi casi, sortisca da una matrice puramente ludico-estetica di derivazione postmoderna, pratiche che obliano totalmente la natura dello spazio pubblico quale luogo di trasmissione e riflessione sociale, operando così uno svuotamento dell’immagine per mezzo dell’arredo urbano anziché decorativo d’interni come nel precedente caso.

È certamente palese a chiunque come tali immagini non esprimano le istanze sociali, umane e morali che permeano e costituiscono lo scenario di questa devastata attualità. Così come apparirà chiaro a chiunque che il superamento di una fase storica così critica e complessa esige una riflessione sulle sue provenienze e identità. Aspetti che seppure non potranno dettare soluzioni certe, avranno almeno contribuito a farla meglio comprendere.

Va infine detto che questo stesso blog, tramite la diffusione per mezzo degli strumenti digitali di cui sopra, costituisce una testimonianza, e al contempo un tentativo di risoluzione, dell’impasse culturale che caratterizza la nostra epoca.

Danilo Santinelli

 

La redazione di questa breve introduzione si è avvalsa di alcune suggestioni bibliografiche più che di una vera e propria bibliografia. Suggestioni che nel corso degli anni mi sono tornate alla mente più volte e che mi hanno aiutato a comprendere alcuni aspetti delle mutazioni caratteristiche della cosiddetta cultura popolare formatasi dalla fine del Settecento ai nostri giorni, trasformazioni ancora in atto che con l’avvento della digitalizzazione divengono sempre più frenetiche.

BORDONI Carlo FOSSATI Franco, Dal feuilleton al fumetto. Generi e scrittori della letteratura popolare, Roma, Editori Riuniti, 1985.

BRANCATO Sergio, Fumetti. Guida ai comics nel sistema dei media, Roma, Datanews Editrice, 1994.

HARVEY David, La crisi della modernità, [1990], Milano, Il Saggiatore, 1997.

LYOTARD Jean-François, Peregrinazioni. Legge, forma, evento, [1988], Bologna, Il Mulino, 1992.