Pittura del risorgimento

Amos Cassioli 1832-1891

Molti sono i dipinti che nell’Ottocento richiamano i fasti romani e molti quelli con ambientazione pompeiana. Del resto i primi scavi di Pompei vennero eseguiti nel 1748, mentre dieci anni prima, nel 1738, erano iniziati quelli di Ercolano. Questi due eventi non solo danno avvio alla disciplina archeologica, ma segnano profondamente l’immaginario dell’epoca: Oggi (14 giugno 1740)… ho visto qualcosa che non si è mai udito… un’intera città romana conservata sottoterra con tutti i suoi edifici.” (Horace Walpole).

Trovarsi di fronte alla conservazione di intere città romane, oltre a costituire un impatto scioccante, segna indelebilmente il pensiero illuminista e la nascita della pittura Neoclassica. Pittura che fu definita tale solo sul finire del XIX Secolo con accezione negativa e che i contemporanei definivano invece pittura del risorgimento. Risorgimento di una nuova fase della civiltà occidentale che allora si andava costituendo e che doveva nutrirsi delle grandi idee promosse dalla Roma Repubblicana e ancor prima dalla civiltà ellenica. Quegli ideali divennero il viatico sul quale costruire la nascente democrazia e un nuovo periodo di grande splendore ed apertura che si lasciasse alle spalle il potere politico, economico e culturale nobiliare, immaginando un futuro di partecipazione, dove le genti avessero accesso alla cultura, alla politica, all’espansine economica industriale che andava delineando la classe media.

Le idee, in sostanza, sulle quali poggia il mondo così come oggi lo conosciamo. Seppure, negli ultimi decenni, a seguito della terza rivoluzione industriale, dell’Era dell’Informazione, della destrutturazione culturale postmoderna e della globalizzazione tale processo si sia invertito, determinando il lento e inarrestabile declino proprio della classe media. Si riaffacciano i poteri forti economici, i totalitarismi, il controllo sull’informazione, ridisegnando una società dove nuovamente l’accesso alla cultura non è diritto di tutti, dove la salute non è diritto di tutti, dove il discrimine economico-sociale torna a dar forma ad una nuova “Restaurazione”.