Andamenti spazio-temporali della composizione

Nel precedente articolo (https://www.danilosantinelli.it/danilos-blog/illusorieta-del-realismo/) ho evidenziato come parlare di realismo all’interno dei testi visivi sia improprio. Essi, infatti, impiegano codici che si rivolgono al nostro modo di vedere e pensare il mondo, dunque alla nostra percezione di esso, che lungi dall’essere reale è invece distorta: si era in tal senso portato l’esempio della convergenza prospettica che il nostro sguardo – e il disegno di conseguenza riproduce – percepisce. Il senso di realismo è quindi dato dal proporci il soggetto rappresentato come si presenta alle nostre limitate possibilità visive e non come esso sia effettivamente nella realtà. Conclusi, dunque, che gli autori di testi visivi, avvalendosi di tali codici, ci propongono una loro lettura, analisi, e visione del mondo: esattamente come farebbe un cineasta, uno scrittore, ecc.

Appare quindi fondamentale – in un sistema di comunicazione che si è sempre più fatto visivo – comprendere tali codici; ossia gli aspetti grammaticali che ai testi visivi sottostanno e che consentono loro di parlarci, avvincerci, e convincerci.

Mi pare sensato partire da quegli esempi classici che ci mostrano – oltre agli elementi primi del dire visivo – come i segni statici posti su di un foglio, siano in grado di suggerirci illusivamente spazialità e temporalità.

Collochiamo un punto su di una superficie bianca(1), immaginiamo questa superficie non delimitata, come se potesse proseguire all’infinito su tutti e quattro i lati.

(1)

Domandiamoci, ora, dove quel punto si collochi all’interno della superficie. Influenzati dal riquadro, diremmo certamente che si trova al centro, ma, se come dicevamo, immaginiamo quello spazio protrarsi all’infinito, allora non vi è alcun centro. Il punto dunque si trova semplicemente sospeso nello spazio, un punto immobile nell’infinito. Se, a sinistra e a destra di quel punto, ne aggiungiamo altrettanti della medesima dimensione cosa accade?(2)

(2)

Il nostro sguardo tende a mettere in relazione i punti e improvvisamente percepisce una retta orizzontale. In questo preciso istante, di fronte ai nostri occhi, si manifestano spazio e tempo grafici. Quei punti sembrano, ora, avere un andamento sia spaziale che temporale, si tratta chiaramente di una mera illusione, eppure il nostro cervello non può fare a meno di percepirla. Laddove non vi era, né moto né tempo, la semplice addizione percettiva di alcuni punti distribuiti orizzontalmente, ci hanno suggerito un andamento spazio-temporale.

Quello che percepiamo è un andamento costante, continuo e lento. Se quello spazio come in precedenza lo immaginassimo infinito, quell’andamento proseguirebbe anch’esso lentamente all’infinito. Il moto orizzontale, sempre per illusione, non sembra suggerirci velocità di spostamento, esso tende invece a un’infinita costanza.

Gli elementi grafici percorrono uno spazio, si collocano su di esso in un dato modo, inducendoci a una loro maggiore dinamicità, lentezza o fermezza. Il loro occupare uno spazio equivale all’occupazione di un tempo, dato, che non vi è spazio senza tempo, seppure entrambi siano illusori. Un riquadro bianco, tracciato su di un foglio di carta, costituisce uno spazio solo per convenzione culturale, per illusione percettiva, in realtà è soltanto un segno sulla carta, che non posso occupare o percorre fisicamente, mi è possibile viverlo solo percettivamente e grazie ad essa percorrerlo temporalmente come spazio visivo.

L’aspetto temporale degli elementi che costituiscono l’espressione visiva ci pare vada considerato maggiormente, a fronte di una generale tendenza a descriverli soprattutto come soggetti spaziali. Se si accetta la virtualità spaziale della superficie grafica, e il modo nel quale i suoi elementi grammaticali (punto, linea, colore, materia) possono occuparla, si accetta implicitamente la virtuale temporalità con la quale essi la percorrono ed occupano.

Abbiamo appena osservato come un semplice elemento grafico, la linea retta, influenzi profondamente il nostro sguardo e la nostra psiche facendoci avvertire un moto spazio-temporale. Questo processo è la base compositiva dei testi visivi di qualunque natura, tramite tali andamenti le composizioni riescono a suggerirci e convincerci illusoriamente che Superman stia effettivamente volando, che l’auto precipiti nella scarpata, che quel dato personaggio sia inequivocabilmente il protagonista della scena o che contrariamente ne sia succube.

Gli andamenti grafici compositivi sono i più semplici e banali che si possa immaginare: orizzontale, verticale, diagonale ascendente e diagonale discendente(3).

(3)

Abbiamo già osservato come l’andamento orizzontale ci suggerisca un moto costante e lento, la verticale ha caratteristiche a esso simili in quanto a lentezza e costanza, va tuttavia tenuto conto che siamo soliti tracciarla dal basso verso l’alto, costituendo dunque un movimento ascendente, seppur sprovvisto di dinamicità. Gli aspetti dinamici sono invece evidentemente percepibili nelle due diagonali, ascendente e discendente, per tale motivo sono impiegate in immagini che esigono azione.

La prima cosa che dobbiamo domandarci è come mai le diagonali sembrino suggerirci dinamicità? Prendiamo un tradizionale rettangolo con andamento orizzontale e osserviamolo (4).

(4)

Esso oltre a presentare un allungamento orizzontale non appare particolarmente attivo o dinamico, lo diremmo anzi statico e immobile. Se a quello stessorettangolo mutiamo l’inclinazione dei due lati allungati, cosa avviene? (5)

(5)

Come si vede, l’illusione che se ne riceve è che esso non sia più una forma piana, o, quanto meno, siamo in dubbio se interpretarla come figura piana o tridimensionale, dato che l’inclinazione dei due lati sembra far loro attraversare lo spazio, pur in assenza di convergenza prospettica. Ecco quindi rendersi palese quell’illusione di dinamicità che il nostro sguardo assegna alle diagonali, proprio in forza della loro proprietà di attraversamento spaziale.

Ogni testo visivo, sia esso pittorico, fotografico, grafico, ecc., si basa su uno di questi quattro andamenti compositivi spazio-temporali di base, ma certo in molte occasioni questi elementi possono presentarsi composti, secondo le esigenze espressive dell’autore.

Per il momento mi limiterò a portare un esempio semplice su testi visivi noti e di larga diffusione e proprio legato alla dinamicità della diagonale. Pensiamo a Spiderman, a come generalmente viene rappresentato nelle scene d’azione: se volteggia, appeso alla sua ragnatela, verso l’alto e sta cioè salendo, la tendenza sarà quella di porlo in diagonale ascendente come nell’esempio qui https://moneyweek.com/wp-content/uploads/2018/11/920-spiderman-634.jpg; se invece, pur volteggiando sempre appeso alla ragnatela, l’idea che si vuol suggerire è che scenda, in questo caso è plausibile vederlo posto in diagonale discendente come qui https://3.bp.blogspot.com/-Eb0xd9nBLN0/WI1YFwdYjmI/AAAAAAAA7Os/0QXelBy00TQ7SF2WSBI15O1cGI1Q0cRgwCLcB/s1600/SMC%2B%25281%2529.jpg.

È poi probabile che in molti casi le braccia o le gambe costituiscano a loro volta degli andamenti diagonali, aspetto che enfatizza maggiormente la dinamicità, ulteriormente poi amplificata dall’inquadratura mostrata spesso dal basso, cosicché il personaggio domina il nostro sguardo di lettori o spettatori. Nulla cambia naturalmente se a Spiderman si sostituisce un altro supereroe.

Questo non è che un primo e banale esempio dei trucchi illusionistici che il disegnatore o l’artista visivo impiega per esprimersi e farci vivere, non solo mostrarci, qualcosa che nei fatti non avviene all’interno del testo visivo; dato che siamo noi, tramite il nostro sguardo e la nostra psiche, ad assegnare quel valore alla rappresentazione, proprio come facciamo con il prestigiatore o l’illusionista quando esegueno il loro trucco: la magia è data e vissuta nel non riuscire a comprendere il trucco, pur sapendo che trucco dev’esserci.

 

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