Linea, gesto e materia

Vincent van Gogh, Campo di grano con volo di corvi, 1890

 

Sino ad ora, all’interno di questo blog, ho introdotto gli andamenti spazio-temporali della composizione (https://www.danilosantinelli.it/danilos-blog/andamenti-spazio-temporali-della-composizione/), gli aspetti delle forme geometriche di base (https://www.danilosantinelli.it/danilos-blog/aspetti-delle-forme-geometriche-prime/) e gli aspetti del colore (https://www.danilosantinelli.it/danilos-blog/aspetti-del-colore/), tutti elementi, questi, fondamentali per condurre l’analisi di un testo visivo dal punto di vista grammaticale, dato che, come già più volte detto, le immagini si avvalgono di una propria grammatica che ne consente l’espressione,  palesando all’occhio dello spettatore quale sia il discorso condotto dall’autore di quella stessa immagine, sia esso un pittore, un fumettista o un illustratore.

A quelli già introdotti manca però ancora un elemento espressivo fondamentale delle grammatiche visive, si tratta dell’impiego della linea e che, a seconda delle discipline, può declinare maggiormente nel gesto e nella materia.

La linea può presentarsi in molteplici aspetti e assumere altrettante valenze, in ogni caso è sempre un elemento in movimento tracciato dalla mano che l’occhio di chi guarda è costretto a ripercorre:

1 della linea intesa come elemento compositivo spazio-temporale abbiamo già detto (https://www.danilosantinelli.it/danilos-blog/andamenti-spazio-temporali-della-composizione/);

2 può presentarsi come regolare o irregolare e, quindi, come più geometrica o gestuale;

3 variata o univoca, dove la linea variata valorizza la tridimensionalità e la gestualità, mentre la linea univoca, data la sua regolarità, presenta caratteristiche più bidimensionali e geometriche, in tal senso gli strumenti grafici impiegati rivestono particolare importanza, uno strumento morbido come il pennello consente un ampio grado di variabilità dovuto alla pressione manuale, mentre uno strumento rigido, come la penna a sfera o la matita, pur premendo non consente una significativa variazione della linea, vi sono poi i pennini, che a seconda della loro durezza o morbidezza, consentono gradi differentidi di variazione dello spessore delle linee;

4 La linea di contorno può dare forma a soggetti figurativi o geometrici in maniera variata o univoca;

5 la linea gestuale può presentarsi univoca o variata, nella forma variata le sue caratteristiche gestuali si accentuano, in ogni caso ha una forte rilevanza psicologica, il nostro occhio nel percorrerla rivive il moto manuale che l’ha compiuta avvertendovi violenza o serenità, lentezza o rapidità

rapido

nervoso

caotico, aggrovigliato e morbido

caotico, violento e acuto

 

ecc;

 

6 può essere decorativa, comporre cioè motivi geometrici o manuali, con linee univoche, variate o composte, regolari o irregolari, ecc;

7 può essere cinetica, maggiormente usata nei fumetti, seppure di derivazione futurista, per dare il senso del movimento e dello spostamento di un soggetto animato o inanimato;

8 può infine essere trateggio, ossia l’impiego della linea in senso chiaroscurale;

Vorrei portare ora alcuni esempi dell’impiego della linea e mi sembra giusto farlo tramite alcuni esempi tratti dai fumetti, dove essa costituisce l’ossatura di questo linguaggio e, all’interno del quale, assume infinite declinazioni secondo autori e generi.

Quasi tutti, nel corso della vita, hanno avuto modo di leggere un albo di Topolino o hanno preso visione della sua versione animata. Quali sono le sensazioni materiche che i personaggi disneyani ci suggeriscono? (1)

(1)

Indubbiamente ci comunicano morbidezza, ne avvertiamo la gommosità (a confermarmelo è l’elevato numero del campione di studenti ai quali, nel corso degli anni, ho sottoposto tale quesito). Ciò che è stupefacente è come questa sensazione sia suggerita da un comune foglio di carta bidimensionale. Cosa in esso ci suggerisce questa illusoria sensazione di morbidezza?

Osservando attentamente l’aspetto strutturale dei personaggi è evidente la loro natura circolare, tre cerchi posti l’uno sull’altro: uno per la testa, un secondo per il busto e il terzo per il bacino. Il cerchio, sprovvisto com’è degli angoli, suggerisce morbidezza, aspetto questo già discusso in https://www.danilosantinelli.it/danilos-blog/aspetti-delle-forme-geometriche-prime/.

Approfondiamo l’analisi e portiamo l’attenzione alla linea di contorno. Il suo aspetto è variabile, tende a ispessirsi in alcuni punti e ad assottigliarsi in altri. Dove la linea s’ispessisce sembra più vicina al nostro punto di vista, dove si assottiglia sembra allontanarsene, così quelli che prima si presentavano come cerchi, grazie a questo banale accorgimento, ci appaiono ora come sfere, rivelandoci dei personaggi tridimensionali e morbidi, simili a palle di gomma.

Concentriamoci ora sulla seconda vignetta, quella in alto a destra, dov’è raffigurato il forziere di Zio Paperone. Non è certamente corrispondente a un edificio tradizionale, le sue pareti convesse colpiscono immediatamente la nostra attenzione, sembrano sostituire la naturale durezza dell’edificio con sensazioni di morbidezza. Il semplice impiego di elementi curvilinei, ancora una volta, ha consentito l’illusoria sensazione di morbidezza. Questa caratteristica è presentata anche dal secchio, dalla lampada e dal mobile sul quale essa poggia. Perché gli oggetti presentano questa conformazione? Costruire un fumetto significa creare un universo in sé coerente. Se la natura di Topolino è di gomma, così dovrà essere l’universo che abita. L’armadio di Topolino non potrà mai essere uguale a quello di Superman. La coerenza rende convincente un testo visivo. Se alcuni degli elementi in esso contenuti vanno in contraddizione, il testo non sarà convincente, se al contrario in esso tutto corrisponde a medesima natura, ci apparirà convincente e coinvolgente. È l’insistente coerenza della sua natura a rendercelo evidente e inequivocabile.

Abbiamo osservato come una linea in base alla variazione del suo spessore suggerisca tridimensionalità, al contrario una linea dallo spessore invariato è percepita come piatta. In tal senso ci sembra appropriato il confronto di due tavole(2) di Luciano Bottaro (1931-2006).

Nel primo caso si tratta di una tavola di un episodio di Re di Picche, nel secondo la tavola è invece tratta da Pon Pon. È evidente come Bottaro si trovi alle prese con la creazione di due universi differenti. In Re di Picche realizza un mondo abitato dalle carte da gioco, un universo dove tutto si presenta piatto al pari delle stesse carte. La linea che disegna il re, gli oggetti, i soggetti vicini e lontani, presenta sempre il medesimo spessore, mostrandoci tutti gli elementi sullo stesso piano. In Pon Pon realizza invece un mondo dominato dalle forme curvilinee, dalla tridimensionalità e dalla morbidezza, i personaggi hanno una conformazione sferica. Anche qui, come in Topolino, la linea con la quale sono disegnati personaggi ed elementi muta continuamente spessore. Ci troviamo di fronte ad un autore cosciente dei propri strumenti espressivi, che secondo la natura delle vicende che intende narrare, adotta elementi e codici differenti, idonei a dare coerenza e credibilità alla rappresentazione.

(2)

Abbiamo sin qui parlato di linea quale elemento di contorno, che da forma al soggetto del disegno, se invece parliamo di tratto sottintendiamo dare una personalità a quel dato movimento di matita o pennello (impieghiamo il termine tratto proprio perché ci riferiamo al singolo movimento e gesto compiuto con un qualsiasi strumento da disegno, laddove segno indica qualunque espressione grafica, punto, linea, curva, figura, ecc.), quando il tratto si tramuta in tratteggio le linee vanno intese come elementi chiaroscurali del disegno. In tal senso vorremmo portare il confronto di due tavole a fumetti(3), l’una eseguita da Sergio Toppi (1932-2012) e l’altra da Guido Buzzelli (1927-1992). Si tratta di due grandi autori del fumetto italiano che del tratto hanno fatto il loro principale strumento espressivo.

(3)

Nella tavola di sinistra, tratta da Sherazade e realizzata da Toppi, la struttura dell’immagine si presenta elegante e sinuosamente decorativa, il tratto impiegato dall’autore non risponde univocamente a esigenze chiaroscurali, ma ordisce texture dal gusto ornamentale. L’immagine, costruita con pazienza nella sua densità di linee, impone una lettura lenta.

Nella tavola di destra, tratta da Zil Zelub di Buzzelli, la composizione appare meno pulita e calma, tutto è più caotico e concitato, il tratto è rapido e nervoso, più sporco e frenetico.

Assetto compositivo e tratto ci rivelano due personalità ben distinte con esigenze narrative profondamente differenti. L’universo di Toppi è onirico e sognante, richiama alla memoria il decorativismo klimtiano e liberty e sembra puntare a un equilibrio estetico finalizzato a una calma eleganza. Sherazade è una delle sue opere migliori trattandosi di un soggetto che ben si confà al tratto e alla struttura che gli sono tipiche. La narrazione messa in atto in Zil Zelub (anagramma di Buzzelli) da Guido Buzzelli mostra anch’essa aspetti onirici, ma con note da incubo surreale. Sottotitolo del volume è infatti L’uomo che perdeva i pezzi, il protagonista al termine di ogni seduta psicanalitica se ne va con pezzi del proprio corpo sotto braccio, una gamba, la testa e così via. Insomma la frenetica nevrosi del tratto e della composizione coincidono con il soggetto narrato. Anche in questo caso Zil Zelub è probabilmente l’opera più riuscita e conosciuta dell’autore.

La linea e il tratto sottintendono sempre una gestualità, il movimento compiuto dalla mano. Questo gesto può di conseguenza suggerirci calma, lentezza, nervosismo, rapidità, violenza e così via. Quando la linea aumenta di dimensione tale gestualità può impegnare l’intero braccio o addirittura il corpo, aspetto certamente più presente nella pittura, sia per i formati generalmente più ampi, sia per il maggiore impiego espressivo del colore e del pennello. Il gesto dunque in pittura tende a essere più evidente e incline a mutarsi in massa e materia (4). La morbidezza del pennello, in particolare se di grandi dimensioni, tende a trasformare il segno in massa e la presenza dell’impasto pittorico a evidenziarne l’aspetto materico.

(4)

In Campo di grano con volo di corvi realizzato da Vincent Van Gogh nel 1890 (anno della sua morte) tale aspetto diviene evidente, l’intero dipinto presenta le vorticose tracce della gestualità pittorica ottenuta a colpi di spatola. Tutto in esso è rozzo e sgraziato, il disegno è sacrificato a vantaggio dell’espressione gestuale e materica. Tutti gli elementi del dipinto, cielo, corvi, grano, sono animati dalla medesima frenetica energia. Chi conosce la produzione del pittore olandese sa che questa energia è una sua caratteristica distintiva, essa aumenta di lavoro in lavoro sino a divenire esplosiva con l’approssimarsi del suicidio, testimonianza espressiva dell’acuirsi della nevrosi.

La pittura è sostanzialmente espressione materica. Questo suo aspetto è perfettamente incarnato dagli esempi prodotti dalla corrente Informale o dell’Espressionismo Astratto (correnti artistiche avviatesi dopo il secondo conflitto mondiale che rinunciano alla figurazione per impiegare una materia sofferta, incarnazione del dolore e della devastazione portati dal conflitto bellico). In essa l’espressione e la rappresentazione narrativa sono unicamente assegnate al colore, alla materia e al gesto, sprovvista com’è di figurazione quando non addirittura di composizione. In molti casi la massa cromatica ricopre l’intera superficie della tela, come nell’opera di uno dei suoi protagonisti più noti, Jackson Pollock (1912-1956). Da molti anni, nel corso delle lezioni di percezione visiva, sottopongo questa immagine(5) senza fornirne né l’identità dell’autore né altre indicazioni, ma semplicemente chiedendo agli studenti la loro reazione emotiva immediata nel prenderne visione. Tutti avvertono confusione, nervosismo, angoscia, inquietudine. Per chi di loro non conosce l’opera e la vicenda di Pollock, apprendere come il suo stato di alcolista e di malato di depressione si manifesti con evidenza nella sua pittura, sprovvista com’è di elementi figurativi, suscita sempre un certo stupore. A testimonianza di come la materia pittorica sia totalmente autosufficiente sul piano espressivo.

(5)

La tela è disseminata da tracce e schizzi di colore, che Pollock otteneva facendo scolare le vernici direttamente sulla superficie. I segni si aggrovigliano e in alcuni casi assumono un aspetto di sciabolata, macchia o sgocciolamento. Il pittore lancia il colore sulla tela, posta orizzontalmente, utilizzando un pennello secco o un bastoncino. L’insieme di macchie, schizzi e sciabolate di colore che si aggrovigliano le une nelle altre creano una vertigine mentale nello spettatore. La stessa vertigine mentale che doveva abitare l’autore. Nel caso estremo dell’Action Painting di Pollock l’impiego del corpo è esemplare, le tele sono di notevoli dimensioni ed egli è costretto a girarvi attorno, ad adottare una pittura fatta di azione e dinamismo che le assegnano un aspetto quasi rituale, che sembra ricondurci alla pittura rupestre e della quale le sue tele portano traccia.

 

 

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